È italianissimo il miglior busker londinese del 2015: intervista a Luca Fiore

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AEMORGAN

Avete mai sentito parlare di Luca Fiore? Se no, vi conviene segnarvi il nome, leggere quest’intervista e ascoltare la sua musica perché potrebbe veramente essere il nuovo Ed Sheeran italiano! Eletto miglior artista di strada del 2015, con un album in cantiere e tanti progetti per il futuro, ci dimostra che a Londra si può vivere di sola musica se si ha talento e tanta determinazione.

Prima di tutto, parlaci un pò di te e del tuo background.

Ciao a tutti i lettori di Londra Da Vivere! Dunque, sono un chitarrista e cantante di 22 anni. Originario di Vicenza, vivo a Londra da 3 anni, dove mi sono laureato in musica moderna lo scorso giugno ad un’accademia chiamata “BIMM London”. Ho cominciato a suonare la chitarra a 11 anni ed ho avuto modo di studiare chitarra classica, acustica ed elettrica con diversi insegnanti in Italia prima di attraversare la Manica.

Quando e quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a lasciare l’Italia e venire a Londra?

Ho deciso di compiere questo balzo per inseguire il mio sogno di diventare un musicista di professione. Vicenza chiaramente non offre tanto come una metropoli di queste dimensioni, inoltre Londra e la lingua inglese mi sono sempre piaciute, e in Italia una laurea in musica moderna non esisteva veramente. Mi sono detto che se volevo provarci, tanto valeva sparare alto e lanciarsi all’avventura!

Riesci a vivere di sola musica a Londra?

Sì. Dopo un primo anno di assestamento e studio, ho avuto la fortuna di conoscere persone che mi hanno introdotto nel panorama musicale inglese e da allora è sempre stato così. Ho suonato in alcune crociere, intrapreso qualche tour in Europa come turnista e suono regolarmente con diverse formazioni in svariati locali nella capitale. E fra poco toccherà al busking..!

Quali sono le principali differenze tra il panorama musicale (e di opportunità nel campo) italiano e inglese?

In Italia ho fatto alcuni concerti e preso qualche soldo, ma la mia carriera professionale è cominciata a Londra, per cui non saprei dirlo con certezza. C’è chi si lamenta del panorama italiano e chi invece fa fortuna. Tuttavia molti amici mi hanno detto che non suonano più come un tempo e si fa fatica. Sicuramente a Londra c’è più richiesta da parte dei locali, ma la città è satura di musicisti e la competizione è spietata!

Come hai trovato l’esperienza da busker?

È stato qualcosa di nuovo per me, abituato a fare concerti che con la musica da strada hanno poco a che fare. Richiede la capacità di intrattenere persone che si imbattono nel tuo show in modo casuale e che quindi non hanno pagato un biglietto per venire a vederti, magari di musica non ne vogliono nemmeno sapere! È un mestiere molto duro. Senza contare che può sempre piovere all’improvviso..!

Puoi spiegarci in breve in cosa consisteva e come si svolgeva la competizione per eleggere il gigs champion 2015?

La competizione ha visto 190 concorrenti suonare in diversi angoli suggestivi della città durante tutto il mese di agosto. Per accedere è stato necessario mandare un video musicale di qualsiasi tipo per una prima selezione. Alla fine del mese, ad ogni partecipante è stato fatto un video in cui si esibiva in una canzone a scelta e che è stato poi visionato da un’apposita giuria. Vengono così scelti 5 finalisti per ognuna delle tre categorie (giovanissimi, solisti/duo, gruppi), a cui si aggiunge un sesto busker “scelto dal pubblico”, cioè chi è riuscito ad ottenere più voti online grazie al supporto delle persone che l’hanno visto suonare nei giorni precedenti, se non con vere proprie campagne elettorali su Facebook!

Cosa ha significato per te questa vittoria?

Per me è stata una conferma che il lavoro strumentale e vocale che sto facendo su me stesso sta funzionando, oltre ad essere una grandissima soddisfazione. Per partecipare alla finale sono dovuto tornare in anticipo dalle vacanze prenotate dalla mia famiglia a Tenerife, e quindi rinunciare pure ad una preparazione ottimale in vista dell’evento, cosa che ha sicuramente impreziosito la vittoria. Reduce da più di due anni di intensa attività di turnista e studente con poco spazio per il mio progetto di musica originale, dopo la vittoria mi sono detto: “Ok, è giunto il momento di concentrarmi sulla mia musica!”.

Grazie alla vincita, ora avrai la possibilità di suonare nella tube di Londra per un anno… puoi spiegate ai lettori di Londra da Vivere perché è un premio importante?
Perché garantisce una buona visibilità. Nelle due ore di esibizione a disposizione per ciascuno “slot”, il numero di persone che ascoltano la tua musica o che semplicemente ti vedono suonare è enorme, e questo può portare a diverse opportunità di lavoro, concerti, collaborazioni. Inoltre, se ti giochi bene le tue carte e riesci a garantirti un buon posto all’ora di punta, puoi racimolare una buona somma. Questo almeno è quello che dicono, sto ancora aspettando la mia licenza e non ho potuto verificare!

Come definiresti la tua musica? Hai artisti di riferimento?

Il mio genere l’ho definito “Prog pop”. Il mio modo di cantare e le melodie dei miei pezzi ricordano il pop mentre la ricercatezza delle parti di chitarra, i cambi di tempo e la struttura dei brani aggiungono quel tocco di “progressive” che rende le cose, a mio avviso, un po’ più interessanti e, si spera, originali. Ma sempre in virtù del brano musicale e del suo messaggio, senza cercare di suonare “strano” per il gusto di farlo: è molto più difficile ed entusiasmante comporre qualcosa di molto elaborato ma che all’ascoltatore sembri semplice, tuttavia non scontato.
Inoltre, cerco di trattare temi che m’interessano da vicino, esperienze personali forti che mi hanno toccato in modo profondo e che spero comunichino qualcosa, in modo sincero, all’ascoltatore. A questo proposito mi ispiro molto ai The Sun, gruppo vicentino che ha avuto grande influenza su di me e che stimo molto, nonché Ben Harper, Gaber, Jon Gomm, tutti artisti i cui testi ti interrogano e ti scuotono ad ogni ascolto. Per quanto riguarda la chitarra, cerco di scostarmi da accordi e modi di suonare più comuni per immergermi nel mondo acustico di artisti ed amici come Roberto Dalla Vecchia, Luca Stricagnoli, Antoine Dufour, e la lista continua!

È uscito anche il tuo primo EP “Behind the clouds”, da cui è stato tratto il primo singolo “I drink water”… un atto di anticonformismo contro gli inglesi e la loro usanza di bere sempre birra e/o té?

Ci tengo a precisare che l’EP non è esattamente “uscito”: qualche brano di può ascoltare in anteprima sul mio sito, è vero, ma non è stato distribuito sui principali negozi online e nemmeno stampato. Sto tuttora cercando un’etichetta che possa rilasciarlo ufficialmente, qualche colloquio c’è stato ma non ho ancora trovato il partner giusto.
Mi fa piacere che mi abbiate chiesto di “I Drink Water”, un brano un po’ particolare e facile da fraintendere. L’intera canzone è una metafora dei comportamenti dannosi di molte persone che ho incontrato in questa città, che include non solo l’alcool, ma anche la falsità nei rapporti umani, l’arrivismo, l’egoismo, la mancanza di principi che ritengo essenziali… mentre il mio “bere acqua” simbolizza il tentativo di rimanere semplice, come l’acqua appunto, ed onesto, come mi è stato insegnato.

Tra l’altro la copertina dell’album ritrae te su Tower Bridge… cosa significa Londra per te e quanto è presente in questo album?

Londra per me significa inseguire il mio sogno, l’andare oltre i miei limiti, cercare di sfruttare le mie capacità sullo strumento per fare del bene alla gente, in qualsiasi modo, fosse anche strappare un sorriso o una lacrima all’ascoltatore. Seguire la mia “vocazione”, come mi piace pensare, e dare un senso alla mia vita, darmi un posto nel mondo. Nel disco c’è tutto questo, unito alle sonorità che ho appreso durante questi anni di concerti e jam sessions e testi che hanno richiesto un’intensa introspezione e rifinitura: esigo da me stesso che nemmeno una singola parola sia lasciata al caso.

Che consigli daresti a un/una giovane musicista italiano/a che ha intenzione di venire a Londra?

E’ importante tuffarsi nella mischia, andare a tutte le jam sessions e open mics possibili, conoscere persone e…crederci, fino in fondo, anche se si viene bastonati da un assolo di un collega musicista un po’ più bravo di noi. E’ un’esperienza che fa crescere, musicalmente e personalmente, e che consiglio senza dubbio, anche solo per qualche mese. Inoltre, essere a contatto con tutte queste culture diverse, musicali e non, apre la testa e il cuore.

Quali progetti hai per il futuro? Ti vedi sempre con chitarra in mano per le vie di Londra o ti vedi maggiormente in studio o su altri tipi di palco e/o città?

Sto lavorando alla realizzazione di due video musicali, il cui contenuto e data di rilascio è ancora top secret. Allo stesso tempo, mi sto attrezzando per riprodurre le canzoni dell’EP e altri pezzi successivi in diversi locali londinesi: sebbene le tracce prevedano una band vera e propria (ho registrato tutti gli strumenti tranne la batteria, mirabilmente suonata da Andrea Saccardo), il mio assetto live si riduce a me stesso e una schiera di effetti e altri trucchetti tecnologici.
Il progetto è quello di organizzare un mini-tour europeo il prima possibile, ma su palchi e locali più che in strada: per il busking, la metropolitana basta e avanza!