Di venerdì, l’immigrato qualunque.

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AEMORGAN

Uno degli acronimi più famosi ed abusati dagli anglosassoni, è TGIF: Thank God It’s Friday.

Prima di muovermi in questa città, avevo la sciocca e folle convinzione che fosse un tributo di felicità verso l’arrivo del week-end.

Qualcosa che oltre alle dovute celebrazioni serali, coinvolgesse in qualche modo lo sdraiarsi ad Hyde park, visitare i musei gratis,andare a spasso col cane. La genuina gioia del momentaneo interrompere il menage quotidiano per dedicare il giusto rilievo alla propria persona.

Fandonie.

Il venerdì è semplicemente il giorno in cui il Londinese impazzisce. Inizia al mattino, in ufficio. Tra le prime avvisaglie di delirio da fine settimana abbiamo:

– Il casual friday: giorno in cui anche i più incravattati si presentano a lavoro con t-shirt e felpe . Pensavo fosse una leggenda metropolitana, è invece una realtà.
– Si prosegue nel corso della giornata in cui sempre l’ufficio diventa luogo in cui si sperimentano gadget tecnologici più o meno utili come ad esempio il lanciamissili di spugna che si collega alla porta usb del computer e si comanda con il mouse.

– il rapporto coi clienti viene mitigato da strane usanze nelle e-mail: avevo un collega che usava il “pink friday” e mandava solo mail in rosa elettrico.
 A dire il vero – nel mio caso – la cosa del casual friday, delle mail rosa e dei lanciamissili in spugna sono tutti aneddoti che hanno come protagonista lo stesso tizio, quindi le possibilità che fosse solo un coglione isolato sono concrete… ma facciamo finta di no per amor di disinformazione.

La giornata di solito viene mediamente sprecata, fino a trascinarsi senza troppo trasporto alle 5.30, che al venerdì vengono chiamate “beer ‘o clock”. Allo scoccare del minuto, il team di lavoro si unisce compatto e dimentica ogni barlume di screzio avuto durante la settimana, come un branco ben organizzato si dirige al proprio pub di riferimento. Non ci sono capi, non ci sono nuovi arrivati, non ci sono stagisti. Al venerdì o bevi con loro o bevi con loro. I più pavidi possono osare pensare di cavarsela con una pinta o due, ma non è mai così dannatamente semplice.

La bevuta ha un rituale specifico, che funziona in Round. Ogni membro del gruppo deve offrire un giro ( a round, appunto) , finché tutti non si dichiarano sconfitti. Il che vuol dire che spesso tocca bere un numero di pinte uguale o superiore al numero di persone presenti al tavolo (tavolo ipotetico in realtà, perché i veri uomini duri bevono in piedi). A questo punto, i membri anziani della setta si dirigono sbronzi a casa dalle loro mogli, mentre i giovani in quanto tali devono continuare a far serata e si sparpagliano dalle relative compagnie.

Il che porta direttamente alla seconda parte più divertente del venerdì: il viaggio in autobus. Alla pensilina, quando l’appannamento e la vescica ti concedono una tregua, realizzi che sono tipo le nove di sera, che andrai a trovare i tuoi amici in uno stato imbarazzante e che hai il virile odore che solo dieci ore fuori casa annaffiate col luppolo possono conferirti.Però tu, immigrato ma con dignità, dissimuli e con immotivata sicurezza sali composto sul Bus. Solitamente schifosamente pieno di gente con molta più voglia di te di vivere e cantare.

Stretto nelle spalle, provi a distrarti fissando qualcosa che ti distolga dagli odori intorno a te. Guardi le persone dormire sui sedili (lo fanno tutti), giocando mentalmente ad indovinare chi stia dormendo perché stanco dalla giornata, o chi sia semplicemente all’inizio del collasso. In questo momento qualcuno prova SEMPRE a fare due chiacchiere con te, eccitato per il week end che inizia, ti sbiascica di estasianti avventure che aspettano solo di essere vissute, mentre tu improvvisamente sei combattuto dal dubbio di aver disimparato l’inglese, perché non capisci assolutamente nulla di quello che ti stia dicendo. Affabile, annuisci e ripeti più “that’s great!” con vera eccitazione, sperando che la tua fermata arrivi prima possibile.

Una volta tornato in strada, ti trovi quindi nella vera atmosfera del venerdì sera, che si riassume in tre tipologie di abbigliamenti:

-le vent’enni con la gonna giropassera, indipendentemente dal clima. Al momento splendide splendenti, tirate e lucide come delle statue in esposizione: non più tardi di qualche ora rivedrai le medesime scalze, col trucco colato e presumibilmente vicino a qualche pozza di vomito.

-i vent’enni in magliettina, anche loro completamente insensibili alle condizioni metereologiche, loro invece mantengono una certa dignità: non più tardi di qualche ora rivedrai i medesimi aggrappati ad un kebab, o impegnati ad aiutare una delle tizie di cui prima (il che potrebbe non essere molto diverso, visto che appunto talune a quell’ora avranno l’aspetto composto di un kebab).

-quelli vestiti alla cazzo di cane. E non parlo di marca o mode. Intendo a caso. Esemplifico con un breve dialogo sentito qualche giorno fa tra due poliziotti.Tutto vero, giuro.
<<Chi è quel tizio vestito di giallo?>>
<<Ah, è pickachu>> 
<<Cool!>>

Pensando di aver sentito male guardo nella direzione in cui guardavano loro, vedo un cristone di un metro e ottanta vestito da picachu con una convincentissima tuta gialla monopezzo.  Al che, tu puoi solo sperare di arrivare indenne alla tua destinazione.

Sei convinto di star meglio di tutti quelli che vedi intorno a te, che farai cose meno imbarazzanti. Ma siamo in un’epoca supertecnologica in cui qualsiasi cosa viene fotografata, per cui il giorno dopo verrai malamente sbugiardato. Tu lo sai, ma non ti interessa.

Non oggi. Oggi non ti interessa, perchè Thanks God, It’s Friday.