Le aziende inglesi contro le proposte di hard Brexit di Theresa May

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AEMORGAN

Theresa May e il suo governo sembrano intenzionati a percorrere la strada di una “hard Brexit”, ossia di un taglio netto con l’Unione Europea sostenendo soprattutto una posizione intransigente sull’immigrazione nel Regno Unito. Il mondo del business, tuttavia, non sembra d’accordo con questa posizione.

Nei giorni scorsi avevano fatto particolarmente discutere le dichiarazioni del ministro degli Interni britannico, Amber Rudd, che aveva annunciato la proposta di obbligare le aziende del Paese a divulgare l’elenco dei lavoratori stranieri per far sentire “sbilanciate” quelle che hanno nel proprio staff numerosi cittadini non britannici. L’obiettivo era di spingere così le compagnie ad assumere inglesi.

Queste “liste di prescrizione”, usando il linguaggio usato dal Times, hanno suscitato lo sdegno di gran parte del mondo politico e civile, e sul governo sono piovute accuse di essere xenofobo e fascista. Theresa May è stata quindi poi costretta a smentire la possibilità di una tale proposta.

Secondo quanto dichiarato dai due ministri Michael Fallon e Justin Greening, le informazioni sul numero dei lavoratori stranieri saranno richieste alle aziende ma non saranno mai rese pubbliche, mettendo alla gogna le aziende che assumono immigrati; saranno invece usate dal Governo per studiare il fenomeno migratorio.

Riguardo a questa vicenda, forte è stata la voce delle aziende britanniche. Carolyn Fairbairn, direttore generale della Confederation of British Industry (CBI) – la più importante associazione di imprese del Regno Unito (conta 190 mila aziende) – ha definito la proposta “scioccante”. Intervistata dal Times, ha avvertito Theresa May sui rischi di “chiudere le porte” a un’economia aperta come quella britannica, puntando su politiche restrittive sull’immigrazione.

“Riuscire ad attirare i migliori talenti provenienti da tutto il mondo dovrebbe essere fonte di orgoglio, e non qualcosa di cui vergognarsi”, ha dichiarato la Fairbairn.