Gli artisti scappano da Londra, la città prova a trattenerli: ecco il piano!

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AEMORGAN

Londra, da sempre la capitale indiscussa dell’arte e della filantropia, rischia di allontanare irrimediabilmente dalla sua scena la genialità e l’estro dei suoi giovani artisti. Il carovita, assieme agli affitti stratosferici e ai costi sempre più ingenti delle strutture scolastiche dedicate alle arti, sono fattori che stanno pian piano riducendo la categoria dei creativi sul lastrico.

Un tempo fucina d’idee innovative e avanguardistiche nel campo delle arti figurative, uditive e audiovisive, Londra è stata città di adozione di grandi artisti che nei suoi caleidoscopici quartieri hanno trovato la giusta dose d’ispirazione per le loro opere. Oggi però, i luoghi che hanno ospitato personalità del calibro di Amy Winehouse, Frank Auerbach, Jimi Hendrix, Walter Sickert e addirittura William Blake e Dante Gabriel Rossetti, sono diventanti inavvicinabili dalla categoria dei talenti ribelli, eccentrici e solitamente squattrinati!

Quel processo che gli inglesi definiscono Gentrification, che noi potremmo tradurre col termine imborghesimento, ha trasformato la città della cultura inquieta, punto di ritrovo di intellettuali ed esteti, in una gigantesca scatola generatrice di businessman in giacca e cravatta. I prezzi di uno studio flat a Camden Town come quelli di una stanza condivisa in un una Period Conversion (tipica palazzina vittoriana trasformata in appartamenti) a Notting Hill sono schizzati alle stelle, costringendo gli artisti in erba a spostarsi dalla città alle periferie, meno care ma anche molto meno intrise di quella magia ispiratrice tipica della storica metropoli inglese.

A metà Marzo, durante un evento organizzato per il candidato a sindaco di Londra del partito Laburista, Sadiq Khan, si è affrontato proprio il tema dell’allontanamento degli artisti dalla città a causa dell’innalzamento spropositato dei costi. Presenti all’evento anche la Creative Industries Federation e il direttore della Tate Modern Gallery, Nicholas Serota. Serota nel suo intervento ha indirizzato il suo discorso proprio alla situazione attuale affermando che 50 o 60 anni fa era possibile vivere ed esercitare la professione di artista a Londra mentre oggi tutto ciò è impensabile. Secondo il direttore della Tate questo potrebbe seriamente minacciare la fama di città culturale ed eclettica che fino ad oggi ha avuto Londra nel mondo, spingendo i giovani artisti verso nuove mete più economicamente abbordabili e in pieno sviluppo creativo, come Berlino o Vienna.

Serota si è mostrato profondamente preoccupato per questo circostanza, esibendo sincero interesse verso il tema in questione e dimostrando che istituzioni di fondamentale importanza per l’arte come la Tate Modern Gallery si stanno realmente sensibilizzando nei confronti della situazione di disagio ed impotenza in cui versano attualmente gli artisti a Londra.

Anche il candidato a sindaco, Sadiq Khan, ha manifestato interesse per questa incresciosa condizione, promettendo che, se sarà eletto, s’impegnerà a salvaguardare la realtà creativa Londinese, creando degli spazi industriali, sia lavorativi sia abitativi, a misura delle tasche dei giovani artisti che desiderano respirare l’aria culturale londinese.

Egli ha inoltre invitato i residenti più abbienti della città a unirsi e a finanziare progetti per il sovvenzionamento di tali spazi. Andare incontro alle esigenze economiche di chi si reca a Londra per profittare delle innumerevoli possibilità educative che questa città offre, come i college musicali, le scuole d’arte e soprattutto le reti di connessione che si creano con altri colleghi artisti e che producono nuovi scambi culturali oltre ad interessanti collaborazioni, significa anche evitare che, dopo essersi formati nella città, gli artisti decidano di spostarsi e produrre la loro arte altrove.

Investire in campo artistico significa investire nella parte più importante di una società, quella parte necessaria a nutrire la propria anima, dando all’esistenza una dimensione spirituale universale, scevra da sovrastrutture e barriere culturali. L’arte, anche quando esprime una fede o un colore politico, è comunque soggetta a interpretazione ed è quindi, con ogni probabilità, l’unica vera lingua comune a tutti.

Restituire a Londra la sua dimensione di città eclettica, capace di ospitare i suoi artisti offrendo loro un tetto e la possibilità di esprimersi liberamente, senza costringerli alla fuga se non peggio all’abbandono della stessa pratica artistica, è un dovere morale che deve essere adempiuto senza indugio. Il passato culturale, eccentrico e vivo di Londra, città fondamentale per la produzione artistica mondiale, deve essere ricordato e valutato, ma è il futuro dell’arte e degli artisti che merita tutta la nostra attenzione e l’impegno serio delle istituzioni affinché non si perda nella noncuranza e nell’oblio.