Covid-19 a Londra: il caos restrizioni mette in crisi i pub

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AEMORGAN

Ora che anche Londra è precipitata nelle maglie del Tier 2, cioè il livello intermedio del sistema di contenimento della pandemia in UK, sempre meno persone si sentono a loro agio a fare un giro per negozi o a bere una birra fuori. E questo sta causando giganteschi problemi ai pub della città che avevano iniziato ora a riprendersi dalla batosta del lockdown.

A livello mondiale abbiamo oramai sorpassato i 40 milioni di contagi, e solo in Europa sono morte oltre 250.000 persone a causa del Coronavirus; in tutto il mondo l’allerta è di nuovo altissima, e ogni paese ha implementato livelli diversi di restrizioni sul numero di persone che è possibile incontrare. Le misure in essere nel Regno Unito prevedono tre livelli di allerta, e da quando Londra è finita nel 2º, le cose sono rapidamente precipitate per commercianti e attività business.

“Quando vedi che i pub cercano di ripristinare un po’ di luci all’interno di un bel palazzo, riportando un po’ di vita nel quartiere, e poi però ti devi scontrare con tutti questi ostacoli da sormontare, è una vergogna” ha spiegato Chriss Cinçon, uno dei bartender dell’Archway Tavern.

Dopo il lockdown dei mesi scorsi, infatti, le cose sembravano iniziare a muoversi di nuovo; non c’era coprifuoco, e il pubblico aveva ripreso a fluire. “Quelle 10-12 ore di business ci facevano molto bene” ha affermato Cinçon; ma ora, col Tier 2 che impedisce agli amici di incontrarsi al chiuso, il pub deve spingere sul takeaway dopo le 22, per restare a galla.

Le nuove restrizioni di fatto rendono l’attività non remunerativa, e il nuovo schema di supporto al lavoro non avrà inizio prima di novembre; il che rischia di tradursi in diverse settimane senza paga. E poi, c’è la questione del rispetto delle regole: “Non siamo la polizia. Non voglio dover chiedere un documento che attesti la residenza. Ci mettono nella difficile situazione di dover interpretare le linee guida.”

Alcuni bar hanno dato il via ad un servizio di cocktail “anticipati”, che va dalle 18.00 alle 22.00, ma l’impressione è di trovarsi all’interno di una centrifuga, strattonati contemporaneamente da due forze antitetiche e incompatibili: la necessità di tenere in vita l’economia e quella di ridurre il più possibile le occasioni di contagio tra i cittadini. Perché l’indicibile verità, quella che nessun capo di governo si azzarda a enunciare, è che il virus rallenta solo se la gente se ne sta a casa sua, senza vedere nessuno, inclusi parenti, amici e vicini.

E molte di queste restrizioni, che qualcuno vive impropriamente come una coercizione, hanno spesso finalità “psicologiche” e di moral suasion. Bloccare tutto non si può; ma qualcosa bisogna pur bloccarlo, e qualcuno scontentarlo, altrimenti il Coronavirus porterà al collasso la sanità. Quindi, se davvero vogliamo dare una mano all’economia, ordiniamo quei benedetti cocktail col telefonino, e beviamoceli a casa. Più di così, per ora, non si può proprio fare.