Brexit e italiani in UK: solo un 1 mese per mettersi in regola

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AEMORGAN

Manca meno di un mese e poi i giochi saranno finiti. Il 1 luglio 2021 infatti si chiude formalmente la finestra che consente agli italiani in UK di ottenere il cosiddetto Settled Status; nonostante la scadenza prossima, tuttavia, ancora decine di migliaia di connazionali sono all’oscuro dei cambiamenti in atto. E se non agiscono ora, rischiano di perdere tutti i propri diritti, e forse anche qualcosa in più.

A partire dal 1 luglio non sarà più possibile richiedere il Settled Status che è obbligatorio per poter continuare a vivere e lavorare in UK ai tempi della Brexit. Non importa che si risieda nel paese dal 20 o 30 anni: chi non ottempererà alla trafila burocratica perderà il diritto all’assistenza sanitaria, al lavoro, alla casa, non potrà guidare l’auto né aprire un conto in banca; e rischia perfino di essere espulso dal paese.

Il Problema dei Numeri

Al momento clou, è stato chiaro che il governo avesse decisamente sottostimato la presenza dei cittadini UE in Regno Unito. I 3 milioni di persone stimate si sono infatti trasformate alla fine in un esercito di oltre 5 milioni di richiedenti il Settled Status.

Per quanto concerne la comunità di italiani in UK, invece, prima della Brexit si parlava di circa 700 mila persone, di cui solo la metà registrate al consolato; eppure, ad oggi, solo 500.000 connazionali hanno fatto richiesta del Settled Status. Certo, di quei 700.000 alcuni avevano anche la doppia cittadinanza britannica, mentre molti altri sono tornati in Italia a causa della pandemia. Ma l’impressione è che i conti non tornino.

“Col numero reale dei cittadini europei in Gran Bretagna sconosciuto, “spiega al Corriere un portavoce di The 3 Million, l’organizzazione che rappresenta gli immigrati dalla UE, “il governo non saprà chi ha mancato la scadenza del 30 giugno. La campagna informativa ufficiale ha una portata limitata e molti cittadini europei non sono a conoscenza dei cambiamenti nella loro situazione legale.” Secondo l’associazione, “molti non sono a conoscenza della normativa o non hanno i documenti in regola. Poi ci sono tanti anziani, che magari sono qui da una vita, che pensano di essere già a posto e di non dover fare nulla. E invece non è così.”

Risultato: si calcola che almeno il 5% degli italiani in UK possa sottostimare l’importanza del Settled Status, o addirittura non esserne a conoscenza. Poca roba in termini percentuali, ma decine di migliaia di persone in numeri assoluti, la cui vita sta per essere disintegrata.

Tra Controlli & Flessibilità

La normativa attuale trasforma ogni datore di lavoro in uno sceriffo della Brexit; tra le scartoffie da compilare ora in c’è anche la verifica della regolarità dei propri dipendenti: e se il personale non è in regola col Settled Status, va immediatamente segnalato, altrimenti si rischia una denuncia per impiego di clandestini.

Stessa storia per i landlord, che dovranno verificare che l’inquilino abbia il diritto di risiedere in Regno Unito, prima di potergli affittare un immobile. E siccome il Settled Status non è un documenti fisico ma un certificato digitale (dunque immateriale), molti stanno iniziando a rifiutare gli affitti agli europei per il terrore di sbagliare qualcosa e ritrovarsi con rogne più grosse dopo.

Dal governo italiano arrivano rassicurazioni. Quella degli inglesi “è una richiesta fuori misura” ha chiosato il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova, che nei giorni scorsi era a Londra proprio per affrontare la faccenda del Settlement Scheme. “Abbiamo posto il tema di cosa accadrà dopo il 30 giugno e auspichiamo che i britannici gestiscano la situazione con pragmatismo e flessibilità. Quella scadenza non va considerata definitiva in tutti i casi.”

Intanto però la spada di Damocle del 1 luglio pende su oltre mezzo milione di italiani. Ecco perché l’organizzazione The 3 Million ha chiesto maggiore flessibilità, e una proroga della scadenza. Appello a cui anche il governo scozzese si è subito accodato. Con quali effetti, lo vedremo nelle prossime settimane.