Un pezzo di Corea del Nord a Londra: la strana storia dell’ambasciata a Ealing

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AEMORGAN

Ultimamente la Corea del Nord è nelle news un giorno sì e l’altro pure, grazie alle continue mire di conquista del suo dittatore Kim Jong-un che si diverte a lanciare missili nucleari a destra e a sinistra, probabilmente in preda a una crisi di rabbia ogni volta che finisce una seduta dal barbiere.

Nonostante questi sfoghi di machismo e la continua segregazione del proprio paese al resto del mondo, neanche il dittatore nordcoreano è riuscito a resistere al fascino di Londra. Perché qui la cosiddetta Repubblica Popolare Democratica ha deciso di installare una sua ambasciata.

Teoricamente non ci sarebbe niente di strano se non fosse che parliamo del paese più segregato del mondo, che conta sì e no due alleati e vede nel resto del mondo, soprattutto quello occidentale e capitalista, un nemico giurato. Strano quindi che i nordcoreani decidano di intrattenere relazioni diplomatiche con altri paesi, in particolar modo nella capitale finanziaria d’Europa.

Eppure l’ambasciata è qui, ma non dove ve l’aspettereste. Se, infatti, quasi tutte le missioni diplomatiche, anche quelle dei paesi più piccoli, si trovano nella zona 1 di Londra, per trovarci a tu per tu con i nordcoreani dovremmo prendere la metro per arrivare addirittura fino in zona 3. Precisamente nel borough di Ealing.

Ma, anche una volta arrivati lì, non saremmo in grado di riconoscere l’ambasciata se non sapessimo dove guardare. Perché i diplomatici hanno pensato bene di rintanarsi in una delle deliziose villette che caratterizzano questo borough conosciuto come “the queen of London” proprio per l’eleganza delle sue abitazioni.

D’altronde non c’è una bandiera che sventola, e non si vede molto movimento attorno alla casetta in questione. Un paio di Mercedes nell’ampio cortile palesano la presenza dei suoi abitanti. Ma è difficile scorgere dei movimenti. Soprattutto a causa delle enormi mura che circondano tutto il perimetro della casa, innalzate immediatamente all’atto del suo acquisto nel 2003.

Persino i fattorini non si vedono aprire le cancellate. Qualsiasi consegna che venga effettuata viene rilasciata alla porta per essere raccolta da un membro della casa. La vigilanza è stretta, ed è sottolineata dalle numerose telecamere che circondano l’edificio.

Nonostante tutta questa riservatezza, l’ambasciata nordcoreana londinese riesce a far parlare di se. E non solo per il riflesso della triste luce emanata dal suo capo supremo.

Qualche tempo fa infatti un barbiere di Ealing ha ricevuto un’inquietante visita da parte degli ambasciatori. Karim Nabbach ha avuto la brillante idea di pubblicizzare uno sconto per la clientela utilizzando un’immagine di Kim Jon-un con il claim “bad hair day”. Molto divertente fino a quando due uomini vestiti di tutto punto non si sono presentati sulla sua porta con fare minaccioso intimandogli di tirare giù il poster perché “irrispettoso” del loro leader.

Solo un piccolo assaggio della violenza, anche psicologica, alla quale la sfortunata popolazione coreana è sottoposta quotidianamente? Se questo tipo di pressione riesce a essere esercitata dall’altro lato del mondo, non c’è da meravigliarsi che l’anno scorso il vice ambasciatore Thae Yong Ho abbia tradito il regime fuggendo improvvisamente con tutta la famiglia e rifugiandosi in Corea del Sud. Un atto che non è passato per niente inosservato a Pyongyang, dove Ho è stato messo alla gogna mediatica da Kim Jong-un stesso.

L’aria pesante che gravita attorno a questa casetta apparentemente innocua si fa sentire su tutta la comunità intorno. Tanto è vero che lo scorso aprile i proprietari della villa affianco hanno messo un annuncio per fittare la loro casa a £4.500 al mese… solo per abbassarlo a £3.500 nel giro di poco perché non riuscivano a trovare persone interessate a trasferirvisi.

Nonostante quest’aura grave di cui si fa portatrice, non ci si dimentica chi e cosa rappresenta quest’ambasciata. Un paese e un dittatore che agli occhi del mondo intero sono oggetto di sberleffo continuo. Basta farsi un giro sulla pagina delle recensioni di Google Maps: nonostante questo luogo sia inaccessibile si possono leggere ben 70 review, con i resoconti più disparati, e chiaramente inventati. Dalla storia del tipo a cui non è stata concesso il visto di viaggio in Nord Corea perché guidava una macchina giapponese, a quello che ha “respirato un po’ troppo” e si è risvegliato in un campo di prigionia da dove manda i saluti di King Jong-un.

Persino un dittatore non può niente contro lo humor inglese.