È ufficiale: Londra lascia l’UE e Cameron si dimette

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AEMORGAN

La Gran Bretagna uscirà dall’Unione Europea. Non pensavo che l’avrei scritto davvero (forse sono troppo ottimista), ma nello storico referendum sulla Brexit che si è svolto ieri 23 giugno i britannici hanno scelto di allontanarsi dall’organizzazione sovranazionale.

Il risultato certo era di difficile previsione dal momento che nelle ultime settimane secondo i sondaggi la differenza tra i due fronti era solamente di pochi punti, ma in pochi si aspettavano la vittoria del Leave sul Remain. Un referendum che ha visto un’affluenza del 72,2% e i cui risultati favorevoli all’uscita si attestano al 51,89% (17.410.742 di voti) contro il 48,2% (16.141.241 di voti) di preferenze per restare in UE.

Londra, la Scozia e l’Irlanda del Nord hanno votato in larga maggioranza per la permanenza nell’Unione Europa, mentre nel nord dell’Inghilterra e in Galles ha stravinto l’uscita dell’UE. Mentre Nigel Farage ha proclamato il 23 giugno come “l’Independence Day” del Regno Unito, David Cameron che guidava il fronte del Remain (nonostante la spaccatura nel partito conservatore) ha parlato poco fa alla stampa dal numero 10 di Downing Street.

Dopo aver rassicurato i mercati sulla forza e la stabilità dell’economia britannica – la sterlina stamani è precipitata ai suoi livelli più bassi rispetto al dollaro dal 1985 – ha parlato del futuro della Gran Bretagna. Il Primo Ministro ha invitato i cittadini europei a tranquillizzarsi: “Non cambierà niente per i cittadini europei, almeno in questa fase iniziale”. Da oggi, infatti, Cameron si metterà a lavorare con la Banca d’Inghilterra, le rappresentanze di Scozia, Irlanda del Nord e Galles e il governo per stabilire un progetto da presentare all’Unione Europea per avviare le trattative di uscita. In ogni caso, Cameron ha deciso di rassegnare le dimissioni che diventeranno effettive tra tre mesi, dopo che avrà seguito questa nuova e delicata fase che inizia da oggi.

Cosa succederà adesso a Londra? Nessuno lo sa con precisione, dal momento che adesso si aprirà una lunga negoziazione con l’Unione Europea per definire le condizioni di uscita. Il Regno Unito sarà il primo stato membro a doversi appellare all’articolo 50 del Trattato di Lisbona che disciplina l’uscita di uno stato membro dall’UE. L’articolo prevede che le trattive possano durare al massimo due anni; nel caso non si raggiunga un accordo, questo periodo può essere esteso ma solo se tutti gli stati membri sono d’accordo. Se non ci fosse unanimità e un accordo tra le parti non fosse raggiunto, i trattati dell’Unione Europea smetterebbero “semplicemente” di essere applicati alla Gran Bretagna in toto.

Spetta comunque al Regno Unito invocare l’articolo 50 e al momento non si sa quando questo verrà richiesto. Gli stessi sostenitori del Leave, tra cui Boris Johnson, l’ex sindaco di Londra, hanno dichiarato che si può attendere un po’ di tempo prima di iniziare le trattative ufficiali con l’UE. Finché non si sarà raggiunto un accordo, o comunque, prima dei due anni, Londra resterà in UE e niente (o poco) cambierà per i cittadini europei.