Nella corsa verso l’uscita dalla crisi generata dalla pandemia da Covid 19 un dato oramai è certo: l’Unione Europea è decisamente indietro rispetto agli Stati Uniti e, soprattutto, al Regno Unito nella somministrazione dei vaccini. Un ritardo che si fa giorno dopo giorno più allarmante, e che è destinato ad incidere non poco, sia sulla auspicata risoluzione dell’emergenza sanitaria, sia sulla rapidità della ripresa economica.
Allo stato attuale i numeri sono a dir poco impietosi. Mentre negli Stati Uniti circa il 15 per cento della popolazione ha già ricevuto almeno una dose dei vaccini contro il coronavirus, nel Regno Unito la percentuale è ancora più alta (si aggira intorno al 30 per cento). I principali paesi dell’Unione Europea vivono, invece, una situazione è decisamente meno incoraggiante. Germania e Spagna si aggirano intorno 4,3 per cento, mentre Francia e Italia intorno al 4 per cento.
Numeri ancora più impietosi se comparati a quelli di Israele, il paese che ha vaccinato più di tutti in rapporto alla popolazione, con oltre il 50 per cento dei suoi abitanti che ha già ricevuto almeno una dose del vaccino.
Inutile soffermarsi troppo sulle cause di questo ritardo da parte dei paesi dell’Unione Europea: nonostante sia evidente l’inadempienza da parte delle aziende farmaceutiche, le quali non stanno rispettando gli impegni contrattualmente presi, non può comunque passare in secondo piano l’insuccesso della politica dell’Unione Europea, la quale di fronte alla più grande crisi mai vissuta nella sua storia, non sembra in grado di fornire una risposta collettiva efficace nemmeno su un tema delicato e fondamentale come quello dei vaccini.
Insomma, assodato che sul tema vaccini l’UE ne esce con le ossa rotte, ciò che più interessa alle persone, ad un anno dall’inizio di questa crisi, è avere risposte chiare sulle tempistiche necessarie a riavere indietro una parvenza di normalità. A chiedere tali risposte sono soprattutto quelle categorie produttive messe letteralmente in ginocchio dalla crisi, e che hanno riposto proprio nei vaccini ogni speranza di ripresa. Una speranza confortata dai numeri, i quali confermano che, laddove la campagna vaccinale ha preso quota, i numeri dei contagi sono drasticamente calati, e si sta iniziando a programmare una uscita progressiva dall’emergenza, la quale sta dando immediatamente un forte impulso anche all’economia.
Un dato su tutti può dare un’idea più chiara di cosa significa per un Paese poter iniziare a programmare l’uscita da questa crisi. Dopo che la Gran Bretagna ha reso noto il suo piano per allentare con cautela, ma in modo irreversibile, le misure di contenimento, la compagnia aerea low-cost britannica, Easyjet, ha registrato un boom di prenotazioni.
Si parla di oltre il 300%, fino ad arrivare al 600% per il periodo delle vacanze. Ovvio che resta da verificare se i vari paesi europei in cui i britannici hanno programmato i loro viaggi permetteranno l’ingresso dei viaggiatori senza imporre alcuna quarantena.
Francia e Spagna, a causa delle varianti del virus, sono corse ai ripari, chiedendo l’isolamento a chi arriva dal Regno Unito. Tuttavia, in arrivo nelle prossime settimane c’è il Covid Travel Pass, creato dall’Organizzazione Internazionale delle Compagnie aeree (IATA). In sostanza si tratta di una app che consentirà i passeggeri di gestire in modo semplice e sicuro i propri viaggi, rispettando i requisiti imposti dai governi per i test o i vaccini COVID-19.
Le informazioni sanitarie potranno così essere facilmente condivise sia con le autorità locali che con le compagnie aeree, che le potranno verificare attraverso la scansione di un QrCode. Per far sì che lo IATA Travel Pass funzioni sono necessari quattro passaggi: definire un registro dei requisiti di accesso; avere un registro di laboratori, consentire ai passeggeri di caricare in modo sicuro i dati sanitari sui loro cellulari e di condividerli, creare una identità digitale che consenta di verificare il proprietario del certificato.
Insomma, nell’incertezza più totale che ancora regna nella maggior parte delle nazioni europee, c’è invece chi, grazie ad una politica vincente sui vaccini, ha già programmato una via d’uscita chiara e credibile