Boom di immigrati italiani a Londra: ecco i motivi

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AEMORGAN

Le conseguenze del referendum relativo alla Brexit, sia dal punto di vista legislativo che economico, rimangono ancora avvolte da una fitta cappa di mistero, ma almeno per il momento una cosa è chiara: la decisione della Gran Bretagna di staccarsi dall’Unione Europea non sembra aver impensierito gli italiani che decidono di attraversare la manica in cerca di lavoro.

 

La questione in realtà è più complessa di così, ma i dati parlano chiaro. Per i nostri connazionali il Regno Unito è ancora la meta preferita di chi è in cerca di fortuna all’estero. In base allo studio fornito dalla Fondazione Migrantes, che si basa sui numeri dell’Aire – l’Anagrafe italiani residenti all’estero – nel 2016 sono stati 24771 i nuovi iscritti. Si registra una decisa crescita pari al 50%, che ha permesso di surclassare altre mete di espatrio come Germania (19mila), Svizzera (quasi 12mila), Brasile (quasi 7mila) e Stati Uniti (quasi 6mila). In pratica tra gennaio e dicembre 2016 un italiano emigrante su 5 – su un totale di 124mila – ha scelto di diventare “suddito” temporaneo di Sua Maestà Britannica.

 

Ma cosa ha determinato questo grande afflusso nonostante una situazione che, per usare un eufemismo, si prospetta incerta? Innanzitutto la prospettiva di stipendi e condizioni di lavoro molto favorevoli, in particolar modo in alcuni settori quali l’edilizia, l’ingegneria e le telecomunicazioni.

 

Sono tante infatti le persone che cercano lavoro in questi ambiti tecnico-scientifici, come testimonia per esempio la crescita del 7% delle aziende di tipo ingegneristico avvenuta nel 2015. In parte ciò si deve all’invecchiamento fisiologico della forza lavoro, ma non è da sottovalutare anche la mancanza cronica di laureati nelle cosiddette materia Stem, che l’agenzia di risorse umane Randstad stima intorno alle 55mila unità all’anno.

 

A rimanere scoperte sono poi le posizioni di alcuni ruoli di alto profilo, anche nel management. Basta dare un’occhiata alle grandi società che si occupano di lavoro per avere un quadro generico ma piuttosto fedele della situazione. Sono 30mila le posizioni aperte segnalate da Eures, piattaforma della Commissione europea che si occupa di ricerca impiego; Monster invece pubblica più di mille annunci solo a Londra, mentre Randstad afferma che nel suo archivio sono attive circa 7300 ricerche per posti vacanti.

 

Tuttavia, come si diceva in apertura, il fenomeno presenta alcuni lati nascosti da esaminare. Buona parte della crescita di afflusso italiano nel Regno Unito, deriva dalla decisione di regolarizzarsi da parte di connazionali che già abitavano in Gran Bretagna, ma che (contravvenendo alla legge che prevede l’iscrizione in ambasciata dopo 90 giorni) non avevano ancora fatto apposita domanda all’Aire.

 

In tutto gli italiani in Gran Bretagna sono circa 700mila, con un’alta concentrazione nella capitale (pari a 147mila unità). Per paura di eventuali ripercussioni legislative dopo la Brexit, quindi, i connazionali che hanno scelto di apporre la propria firma sui registri dell’Aire sono aumentati enormemente – si parla del 65% in più dopo la Brexit – arrivando ad oltrepassare i 3mila nuovi nomi, nei mesi successivi al referendum, quando nel periodo precedente questi si fermavano a 1800.

 

Nessuno al momento può sapere cosa succederà nel prossimo futuro e tanti altri italiani che ancora non hanno richiesto la residenza attendono gli esiti dei negoziati tra Unione Europea e governo britannico, per avere direttive e informazioni più precise e prendere una decisione più consapevole.