Death Cafe a Londra: parlare di morte con una tazza di tè

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AEMORGAN

Finiti i tempi del club del libro dove ci si riuniva a casa delle persone per parlare di Ragione e Sentimento con tè e pasticcini. Oggi sono ben altre le emozioni umane che interessano le persone che amano chiacchierare tra di loro. In particolare quelle legate alla morte: e come affrontarle se non istituire un ritrovo per parlarne apertamente? Ecco quindi che a Londra arriva un nuovo locale a tema: il Death Cafe.

I Death Cafe sono già una realtà affermata in tutto il mondo da qualche anno. Di cosa si tratta? Di luoghi dove la gente si riunisce per parlare di morte. Gruppi di supporto per persone che hanno subito un lutto? Non proprio. Un ritrovo tra malati terminali che condividono la loro ansia della fine imminente? Anche, ma non del tutto vero.

A dirla semplicemente i Death Cafe sono un modo per parlare della morte in maniera libera, leggera e amichevole, senza tabù o giri di parole. Il concept è stato ideato dal filosofo svizzero Bernard Crettaz, che ha organizzato il primo incontro a Parigi nel 2010 col nome di Cafe Mortel. L’idea era quella di scrollarsi di dosso la “segretezza tirannica” che un’idea scomoda come quella del destino che attende tutti si porta. E ha funzionato: non ci è voluto molto prima che i caffè spuntassero in tutto il mondo.

Questo anche grazie all’azione di un londinese di Hackney, Jon Underwood, che un anno dopo ha ripreso l’idea e pubblicizzata al mondo realizzando un sito ufficiale per i Death Cafe. Così facendo ha creato una sorta di franchise completamente gratuito, dove chiunque può affiliarsi e creare il suo Death Cafe, prendendo il nome e seguendo le linee guida impostate dallo stesso Underwood.

Dal 2011 sono migliaia i Death Cafe organizzati in 32 paesi, Italia inclusa. Non ci vuole molto in effetti: l’organizzatore non deve far altro che procurare il luogo dell’incontro, che possa essere il proprio soggiorno, un bar, una libreria. C’è chi lo ha organizzato in una iurta, altri molto appropriatamente in un cimitero. Il secondo criterio di base è quello di offrire un rinfresco, altrimenti di che cafe si tratta?

Tutti gli eventi sono no profit: chi organizza un incontro può al massimo chiedere una donazione volontaria, ma non si paga mai per partecipare. Non per molto ancora però. Dal sito di Underwood è partita una campagna per lanciare un vero e proprio Death Cafe con sede stabile a Londra.

Quindi dopo gatti, gufi, pinguini, salamandre e tanti altri buffi animali ci spostiamo direttamente su quello che sarà a tutti gli effetti il quartier generale del thánatos nel mondo. La campagna di raccolta fondi è partita ufficialmente il 19 ottobre sul sito Crowdfunder. Chiunque volesse finanziare il progetto può farlo acquistando una quota minima al costo di £50. Il target da raggiungere è di 250.000 sterline.

Quello che mi colpisce particolarmente della filosofia di base del Death Cafe non è tanto il soggetto del dibattito e la rottura del tabù. Quanto il fatto che si sottolinea come essendo un argomento che riguarda noi tutti, la discussione non ha differenze di credo, razza, età o sesso. E così si possano rompere altre barriere come il “razzismo, la misoginia, l’abilismo, l’omofobia e la transfobia”, come riportato sul manifesto della campagna. E il tutto davanti a una tazza di tè. Lodevole. Magari fosse così facile.