Brexit, accordo UK-UE “ancora possibile” ma poco probabile

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AEMORGAN

“Per il 90% l’accordo è fatto” ha dichiarato il segretario alla cultura Oliver Dowden, ma “non arriverà ad ogni costo.” Nel frattempo, però, la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ha avvisato i leader europei di prepararsi ad un no-deal che a questo punto appare più probabile.

Era da mesi che l’ipotesi-incubo era sui tavoli, e per la prima volta sembra concretizzarsi davvero. I tempi tecnici per trovare un accordo che soddisfi entrambe le parti scadono tra poche ore, e all’uscita definitiva del Regno Unito dall’Europa mancano solo 3 settimane.

Per Dowden, intervistato da SkyNews, il deal diventa sempre più difficile da ottenere; e lo stesso pensiero è stato espresso nelle scorse ore anche dal Primo Ministro Boris Johnson. “Penso che ci sia una possibilità significativa che si possa raggiungere un accordo, e penso che si dovrebbe continuare a lavorare in quella direzione” ha dichiarato.

Ma ci sono le solite due cosette su cui sono impantanate le trattative: “Vale a dire, il fatto che dobbiamo poter mantenere la sovranità delle acque territoriali e in particolare sulle politiche di pesca” e l’altra, “la libertà di creare le nostre regole e di non dover fronteggiare sanzioni se la UE cambia regolamenti e noi non vogliamo adeguarci. Penso sia perfettamente ragionevole spingere su tali cose.”

Una visione legittima, per carità, ma dal sapore vagamente colonialista, polveroso e vintage, che poteva funzionare un paio di secoli fa; un approccio che tenta di tenere tutti per sé gli enormi vantaggi dell’operare in un mercato comune, rifuggendo gli inevitabili obblighi. Il che è impensabile, perché su una cosa l’Europa è irremovibile da sempre: le 4 libertà fondamentali (libera circolazione delle merci, delle persone, libera prestazioni dei servizi, e libera circolazione dei capitali) e l’integrità del mercato comune non si toccano.

E così, durante un briefing lampo di 10 minuti, neppure un paio d’ore fa (al momento della stesura di questo articolo), Ursula von der Leyen ha affermato che “le probabilità di un no-deal sono superiori a quelle di un accordo.” Fosse un hostess su un aereo, avrebbe gridato “brace brace.”

Micheál Martin, primo ministro dell’Irlanda, uno dei paesi che riceverebbe il danno maggiore da un eventuale no-deal, ha enfatizzato i danni che deriverebbero da un simile fallimento.

Ma ha anche aggiunto il vecchio mantra UE: se il Regno Unito vuole accedere al mercato comune ed esportare liberamente, deve anche accettarne gli standard su lavoro, ambiente, welfare.

“I negoziati sono ripresi oggi” ha affermato von der Leyen, e “resta da vedere se un accordo sia possibile entro domenica.” Intanto, l’orologio ticchetta, e le speranze a questo punto si riducono a un lumicino.