Brexit: dopo le elezioni USA, ecco perché Johnson apre all’accordo UE

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AEMORGAN

Con una giravolta un po’ sgraziata, il primo ministro britannico Boris Johnson parla agli “amici europei” per rassicurarli sulla volontà di riprendere e accelerare il dialogo per la Brexit; per dimostrarlo, ha fatto perfino una telefonata all presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. E qualcuno insinua che l’improvvisa retromarcia abbia a che fare col cambio di vento portato dalle elezioni USA.

Sembrava che la chiusura isolazionista, nazionalista e protezionista di Trump costituisse il nuovo e ineludibile corso degli eventi; e invece è bastata una tornata elettorale per spazzare via tutto, e cambiare all’improvviso l’agenda politica degli Stati Uniti. Ma atteniamoci agli ultimi fatti.

In queste ore, i responsabili per i negoziati UE-UK Michel Barnier e David Frost hanno ripreso gli incontri. Intervistato, Johnson ha seraficamente commentato di “essere sempre stato un grandissimo entusiasta dell’accordo con gli amici e partner europei.” In un inaspettato slancio di calma olimpica, ha aggiunto pure:

“Ritengo che l’accordo sia da fare, e che l’impianto nel suo insieme sia piuttosto chiaro. Dobbiamo sederci al tavolo e fare il possibile. L’ho detto a Ursula Von der Leyen proprio ieri. E anche lei è assolutamente d’accordo con me.”

Rimangono due scogli da affrontare, sempre i soliti: la questione dei diritti di pesca, che è più un totem simbolico che un problema economico vero, e gli aiuti di stato; e quel problemuccio dell’Internal Market Bill che eluderebbe gli accordi internazionali firmati col Withdrawal Agreement e che avrebbe un impatto diretto sull’Irlanda del Nord. E qui veniamo al nocciolo della questione.

Secondo alcuni osservatori -e il dubbio francamente viene- Johnson stava aspettando di capire l’andazzo negli USA prima di esporsi. La rielezione di Trump, infatti, avrebbe favorito il pugno duro con la UE, nell’ottica di ottenere un accordo di libero commercio con gli Stati Uniti.

Ma con Biden presidente eletto, la musica cambia. Il nuovo presidente USA, di discendenza irlandese, aveva già espresso critiche su questo approccio lo scorso settembre. La sua speranza infatti era che il Good Friday Agreement (uno dei più importanti sviluppi del processo di pace nell’Irlanda del Nord) “non diventasse una delle vittime della Brexit.” Un eventuale accordo tra UK e USA, disse chiaramente al tempo, si sarebbe basato sul mantenimento degli accordi in essere.

Ed eccoci arrivati alle ultime ore. “L’intero punto del nostro disegno di legge e del Finance Bill” ha chiosato Johnson, “è di proteggere e mantenere il Good Friday Agreement e il processo di pace in Irlanda del Nord.” Insomma, fine degli strepiti, della politica urlata e dei proclami roboanti: non c’è letteralmente più tempo, ed è ora di quagliare qualcosa di concreto che sostituisca 45 anni di rapporti attraverso la Manica.

L’intesa andrà trovata entro fine mese, per dare tempo ai rispettivi parlamenti di ratificarla; e come sempre regna l’incertezza, ma con una notevole differenza. Stavolta, e per la prima volta, una Brexit senza accordo non la vuole più neppure Johnson.