Negozi britannici in crisi: a Londra (e non solo)le nuove regole Brexit svuotano i magazzi!

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AEMORGAN

Continuano i report non troppo incoraggianti inerenti gli effetti della Brexit sull’economia britannica. Gli ultimi dati riguardano le importazioni e in particolare i piccoli commercianti, i quali iniziano a lamentare l’impatto che le nuove regolamentazioni del commercio con l’Unione Europea sta avendo sui loro affari.

Il caso citato dalla Federazione dei piccoli imprenditori è quello delle gastronomie locali, che hanno visto restringersi all’improvviso la disponibilità di prodotti europei – provenienti da fornitori specializzati – da offrire ai propri clienti. La gestione dei dazi doganali, viene affermato, rende le importazioni “più costose, meno flessibili e molto più lente”.

La Cold Chain Federation, che si occupa di surgelati, ha affermato che le importazioni del settore potrebbero vedere una diminuzione del 70% pari a quella che ha colpito le esportazioni di cibo dopo l’uscita dal mercato comune europeo.

I costi extra per ogni spedizione possono arrivare a sfiorare le 400 sterline, rendendo le importazioni di dimensioni contenute da Paesi europei un affare in perdita, in special modo quando si parla di importazioni frequenti. Come ricorderà chi ha seguito la questione, già dal 1 gennaio gli esportatori del Regno Unito hanno dovuto fronteggiare non soltanto un innalzamento dei costi, ma anche una maggior lentezza dal punto di vista burocratico.

E anche dall’altra parte della barricata la faccenda si fa spinosa, in quanto gli esportare devono informare con grande precisione le autorità doganali sul contenuto e la provenienza delle merci, adottando una procedura che coinvolge gli importatori e in seconda battuta le autorità nazionali: verranno richiesti certificati sanitari o veterinari, mentre da luglio sono previste ispezioni fisiche dei beni alla frontiera dell’UK.

Non è quindi così difficile andare incontro a blocchi, confische o respingimenti al mittente, anche perché ancora pochi importatori si sono preparati adeguatamente. Tutto ciò, come si può ben comprendere, rappresenta una secca smentita alle dichiarazioni di Boris Johnson e dei supporter della Brexit, caldeggiata adducendo come motivazione anche regole più snelle e prezzi più favorevoli.

L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari (5,2% a novembre, 6% previsto in primavera) ha giocato un ruolo importante nella galoppante inflazione registrata negli ultimi 6 mesi e gli economisti temono che il rincaro sulle importazioni possa spingere i prezzi ancora più in alto, in questo modo costringendo la Bank of England ad aumentare i tassi di interesse. Il tutto, unito all’innalzamento del costo del gas, contribuirà a far innalzare il costo della vita.

Nel frattempo le esportazioni di cibo e bevande verso l’UE sono calate del 24% nei primi nove mesi del 2021, secondo la Food and Drink Federation, con una perdita di circa 2,7 miliardi di sterline. Un salasso che ricade soprattutto sui piccoli produttori, dato che i grandi gruppi del settore riusciranno velocemente a mettersi al passo con le nuove richieste burocratiche.