UK: italiani ed europei non in regola presto espulsi dal Paese

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AEMORGAN

Brexit in UK: presto fuori dal Paese i cittadini UE privi di Settled Status

Sin da quando il referendum della Brexit vide la vittoria del sì i più avevano iniziato ad attendere con apprensione – o desiderio – il giorno in cui il governo britannico avrebbe operato una stretta sulla presenza di immigrati non in regola nel Regno Unito. Oggi quel momento sembra essere definitivamente arrivato, come si evince dall’intervista che il viceministro dell’Interno Kevin Foster, delega all’immigrazione, ha concesso al quotidiano La Repubblica.

Se fino a poco tempo fa la linea prevalente era stata quella di una certa benevola predisposizione nei confronti di coloro che ancora non avevano ottenuto il permesso di soggiorno tramite Settlement Scheme, ora parrebbe proprio che il governo non abbia più intenzione di garantire altre dilazioni e proroghe.

Con grande disagio per tutti gli europei “irregolari” presenti sul territorio, che nelle parole di Foster “devono iniziare a fare le valigie”. La minaccia – o sarebbe meglio dire l’inevitabile operazione esecutiva – è quella di dare il via libera alle indagini e alle espulsioni a tappeto delle forze di sicurezza dell’Immigration Enforcement. Compito in realtà tutt’altro che semplice, già avviato e che ha coinvolto uno sparuto numero di persone, dato che non esistono dati ufficiali sulle cifre sugli irregolari, o quantomeno non vengono fornite ai media.

Quel che invece è certo è che – generosamente o per mero calcolo economico, anche sottostimato, se si pensa alla crisi del mercato del lavoro – in questo interregno durato fino al 31 dicembre dell’anno scorso l’UK ha distribuito qualcosa come 5,4 milioni di permessi di soggiorno, di cui poco meno della metà temporanei (la proporzione dovrebbe essere 2,8 milioni permanenti contro 2,6), mentre altre 400mila persona restano in attesa di una risposta.

A giugno inoltre è scaduto il termine ultimo per la presentazione delle domande di regolarizzazione per gli europei e dunque anche per i tanti italiani che abitano nel Regno Unito. L’ultima speranza, per chi ovviamente ha avuto l’accortezza di pensarci, sono i ricorsi, cui però non possono aspirare i circa 145mila cittadini che hanno visto respinte dall’Home Office le proprie domande perdendo anche in appello.

Come si diceva prima, però, non è semplice calcolare in quanti siano ancora presenti su territorio britannico senza averne diritto. Da una stima approssimativa si potrebbe parlare di 325mila, così suddivisi: 145mila le cui domande sono state rifiutate, 95mila che la domanda l’hanno ritirato e altri 85mila che hanno presentato una domanda non valida. Tuttavia queste categorie a volte si sovrappongono, come spiega Foster, secondo il quale “l’8% delle domande rifiutate si riferisce alla stessa persona.”

Foster parla di un mandato attributo al governo dai britannici – che hanno dato il via alla Brexit – ma al tempo stesso racconta di come la linea che ha prevalso sia stata quella di accettare pragmaticamente quante più domande possibili, salvaguardando al tempo stesso tutti i diritti fondamentali di coloro che al momento si trovano in un limbo giuridico.

In ogni caso questa situazione parla di un Paese che, nonostante la grande propaganda mediatica e gli indubbi problemi, anche in prospettiva, continua a mantenere la sua forza di attrazione: 6 sono i milioni di domande presentate, quando le stime di cittadini UE residenti prima della Brexit si attestavano su massimo 4,1 milioni. Stime per l’appunto incerte, data la libera circolazione garantita dai trattati che ora è stata abrogata, anche in barba al problema di posti di lavoro. Un problema che il governo non vuole risolvere passando per i canali dell’immigrazione, coerentemente con le proprie promesse elettorali.