Brexit, il governo di Theresa May è salvo: i possibili scenari adesso

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AEMORGAN

Dopo la débâcle subita ieri, quando il Parlamento britannico ha rigettato l’accordo sulla Brexit, arriva una vittoria per Theresa May e il suo governo: la mozione di sfiducia presentata dal leader dell’opposizione Jeremy Corbyn non è stata approvata (325 voti contro 306). Decisivo è stato il riallineamento dei 118 Tories e dei 10 alleati unionisti nordirlandesi che ieri avevano votato contro l’accordo sulla Brexit, ma che non vorrebbero vedere certo Corbyn come leader del governo.

Theresa May ha tirato un sospiro di sollievo, anche se di breve durata: cosa succederà infatti adesso? Il Primo Ministro ha aperto alla possibilità di un dialogo non solo all’interno del suo partito, ma anche con le opposizioni, per discutere le alternative per la Brexit e le linee guida da seguire. Tuttavia, Corbyn, che si è lamentato perché fino ad ora i Labour non sono mai stati interpellati sul possibile accordo, ha affermato: “Prima che possano esserci discussioni positive sul percorso da fare, il governo deve rimuovere dal tavolo delle discussioni la possibilità di una Brexit senza accordo”.

L’ipotesi no-deal, invece, è “un’arma” che Theresa May vuole conservare nella speranza che a Bruxelles possa ottenere una rinegoziazione più facile dell’accordo, strappando maggiori concessioni a suo vantaggio. Tuttavia, il capo negoziatore europeo Barnier sostiene che il “no deal è sempre più vicino”, mentre Angela Markel ha detto che non c’è spazio per cambiare l’accordo, ma che si potrebbe concedere un tempo maggiore agli inglesi per risolvere i loro problemi politici interni.

Considerando che per arrivare al primo accordo sono serviti due anni, è infatti difficile pensare a un nuovo piano da attuare in tempi brevissimi. Il problema non riguarda solo la negoziazione con l’UE, ma anche le divisioni interne: mentre le opposizioni sono a favore di un nuovo referendum sulla Brexit, gli stessi Tories sono divisi tra europeisti e coloro che vogliono la Brexit a tutti i costi (anche no-deal). Inoltre, May gode dell’appoggio esterno, oggi risultato essenziale, degli alleati unionisti nordirlandesi che hanno rigettato il primo accordo perché conteneva una clausola per preservare l’assenza di un confine visibile tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda, principio su cui si basa la pace del Venerdì Santo del 1998. Per l’UE questo punto non è modificabile in alcun modo, mentre gli unionisti vorrebbero toglierlo. Difficile, quindi, trovare una soluzione nel breve termine.

Quali sono le alternative (oltre al no-deal)? L’ipotesi più probabile è che adesso Theresa May chieda all’UE di rimandare l’attuazione della Brexit (anche se nel suo discorso di stasera da Downing Street ha ribadito che la Brexit si farà) per poter scongiurare l’uscita il 29 marzo senza un accordo. Per ottenere un prolungamento dei tempi, però, tutti e 27 gli altri Stati Membri dell’Unione Europea devono votare all’unanimità.