Brexit: servirà il visto per lavorare a Londra anche ai cittadini UE

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AEMORGAN

La Brexit si avvicina e, visto che l’accordo tra Londra e Bruxelles sembra ancora lontano, il Regno Unito si prepara a un addio all’Europa senza troppe cortesie. Negli ultimi giorni, infatti, il governo di Theresa May ha approvato all’unanimità la proposta di prevedere un sistema di visti anche per i cittadini UE una volta che il Paese avrà lasciato l’Unione Europea.

In pratica, l’idea è quella di estendere la legge britannica in materia di immigrazione ai cittadini provenienti da uno Stato Membro: questi potranno venire a lavorare e risiedere in UK solo se in possesso di visto, concesso dalle autorità competenti britanniche non in base alla nazionalità ma in base “all’utilità”, cioè alle necessità del mercato del lavoro inglese. Questo significa che essere italiani, cinesi o neozelandesi non conta al fine dell’ingresso e permanenza nel Regno Unito, ma il lavoro svolto: se a Londra c’è bisogno di medici, ingegneri e informatici (esempio) questi potranno entrare senza che si vada a privilegiare una nazionalità piuttosto che un’altra.

Ci sarebbero comunque delle eccezioni, a partire dai cittadini UE che risiedono da almeno 5 anni in Gran Bretagna, che potranno richiedere la residenza permanente (il governo britannico sta lavorando alle norme in materia), ma anche per coloro che sono arrivati a Londra prima della Brexit.

Sembra quindi che il Regno Unito sia intenzionato a porre fine alla libera circolazione delle persone provenienti dai Paesi dell’Unione Europea, ma non è detta l’ultima parola. L’atteggiamento intransigente di Londra potrebbe legarsi alla volontà di strappare un accordo migliore agli altri 27 Stati dell’Unione, affrettando le negoziazioni in vista di marzo 2019. Sembra infatti poco plausibile che, in caso di accordo tra UE e Regno Unito, i cittadini europei possano essere così penalizzati rispetto alla situazione attuale; è molto più probabile che questa proposta sia rivista, mantenendo gran parte dei diritti acquisiti dai cittadini UE con i Trattati dell’Unione.